Avevamo un appuntamento per decidere un progetto di mostra. Giorgio Tentolini arriva di corsa, trafelato e con il fiatone. Si siede e comincia a parlare di Sezioni Sagittali, apre la sua borsa di cuoio e ne tira fuori pezzetti di rete, garze, ritagli di gomma, carpette sdrucite contenenti prototipi di quelle serie che ha intitolato Carte ritagliate. Parla anche di bisturi per grafici, di chiodi, di punzoni per piombo. Poi racconta che lo spunto è nato pensando al rapporto tra le persone con il cibo, ai problemi che insorgono dal mangiare troppo o dal mangiare troppo poco, e che per comprendere a fondo gli aspetti patologici dei disturbi alimentari ha fatto lunghe chiacchierate con un amico psicologo.
Ne è nata un’idea coerente, raffinata e di grande spessore, caratteristiche tutte che non mancano mai nel lavoro di Tentolini.
Un lavoro che è pazienza e costanza, ricerca di fonti storiche e adozione di nuovi materiali o tuttalpiù uso di materiali consueti in forme assolutamente personali e originali. Come le centinaia di strisce di cartone di diversa lunghezza che, assemblate con spirito certosino, vanno a formare il volto di San Paolo; o come i fogli di carta candida, ritagliati con esattezza chirurgica e sovrapposti a decine fino a dare vita a una tridimensionalità positiva o negativa di corpi umani, di sconosciuti a cui Giorgio ruba la forma mediante fotografie casuali, promemoria di una spontaneità altrimenti irrealizzabile. E ancora le reti in PVC traforate, lunghi rotoli più o meno srotolati che lasciano intravedere le figure mediante una proiezione luminosa, perché luce e ombra danno corpo a un supporto evanescente, leggero e impalpabile. Quasi anime in movimento.
Le persone di Tentolini, perché al centro di tutta l’opera sta proprio e quasi esclusivamente l’essere umano, sembrano a prima vista fuori dal tempo e dalla storia, e invece risultano essere espressione di memoria, tracce in cui si scoprono i modelli antichi – Giorgione, Dürer, Masaccio – e si percepiscono riferimenti filosofici e biblici, in un continuo rimando tra presente e passato, tra movimento e stasi.
Ma il secondo fil rouge del suo lavoro è quello del tempo, dei mesi passati a ritagliare e comporre, a forare e sovrapporre, in un’operazione di creazione in divenire che dà profondità e che infonde spirito ai materiali.
Rare le eccezioni nella scelta dei soggetti: talvolta cascine diroccate della campagna che gli è propria, o l’Albero della vita di Adamo ed Eva, riprodotto con leggeri segni di grafite sulla superficie irregolare di un rotolo di carta lungo un chilometro.
Davanti ai lavori di Tentolini non si può non pensare alle parole di Calvino, a quella “leggerezza” protagonista delle Lezioni americane (1985) che è forse stata, e che ancora oggi è, la chiave per superare certa arte concettuale, per ricondurre il pensiero su binari piani dove la mente può comprendere simultaneamente al sentire dei nostri strati più intimi.
Marta Santacaterina
FermoMag 24-04-2013
http://www.fermomag.it/2013/04/24/atelier-giorgio-tentolini/#